“La tabella appiccicata al frigo, le vacanze col furgone, la casa rivista un bel po’ di volte. Ma la vera sfida è trovare il tempo per ognuno di loro”
Rossella, Alessandro, Gabriele, Giulia, Paolo, Camilla, Raffaele, Tommaso. 1987, 1990, 1994, 1997, 2000, 2002, 2006, 2008, non è la formazione di una squadra di calcio né l’appello a scuola, ma sono gli otto figli di Emanuele Pizzatti, che insieme a sua moglie Renata, ha costruito una famiglia decisamente… numerosa. “L’ultima volta che siamo stati in un albergo e alla reception mi hanno chiesto i nomi e la data di nascita di tutti, io ho raccontato quello che mi ricordavo e mia moglie, che era vicino a me, mi ha detto ‘bravo, metà li hai indovinati’, però li ho segnati sull’agenda così quando mi servono, so dove cercarli”.
Emanuele resta in silenzio per qualche frazione di secondo, sento sfogliare delle pagine dall’altra parte del telefono e poi riprende: “Sì, te li ho detti giusti, sai con le età è un po’ complicato”, sorride.
62 anni, originario di Darfo Boario Terme “anche se come si intuisce il cognome non è camuno, ma mio papà si è trasferito qui dalla Toscana quando era un bambino”, e oggi vive a Rogno. “Di cose nella mia vita ne ho fatte un bel po’, mi sono occupato per parecchio tempo di assicurazioni, poi di moto e adesso di energia e impianti fotovoltaici”.
Ma torniamo al fatto che sei padre di otto figli: “Mi sono trovato persino in televisione, su Rai 1, quando è nato il nostro ultimo figlio, come se avessimo fatto chissà cosa… Faccio però un passo indietro, non ci siamo sposati convinti di dover fare otto figli, questa non è una decisione che si prende così, su due piedi. Avevamo 22 anni io e 20 lei e la prima bambina è arrivata un anno dopo, eravamo felicissimi, è stata una gioia immensa e ce la siamo goduta al massimo. Poi è stato tutto così naturale che ogni tre o quattro anni, arrivava un nuovo figlio. Io prendevo in giro Renata perché le dicevo che dopo quel periodo di tempo aveva la crisi del nido vuoto; si passava il primo anno a dire ‘basta figli’, il secondo anno ci facevi l’abitudine e il terzo iniziavi a pensare che in fondo ne avresti voluto un altro”.
Le vostre famiglie cosa ne pensavano? “L’arrivo del secondo è stato come il primo, erano tutti felici, mentre dal terzo in poi i nostri parenti più stretti hanno iniziato ad essere un po’ critici e a farci qualche domanda… con il quarto si sono arrabbiati e dal quinto in poi si sono arresi e non ci hanno detto più niente”.
Cosa significa essere padre di otto figli? “Sono padre di otto semplicemente perché il nono, il decimo e così via non sono arrivati… a un certo punto ci siamo resi conto che eravamo invecchiati e ti dirò anche con un po’ di delusione nonostante gli ultimi due parti fossero cesarei e un po’ più complicati. In realtà facciamo molta fatica a ricordare la parte faticosa, perché non ci pesa più, è stata un’esperienza enorme, che ci ha fatto crescere tanto. I nostri figli iniziano adesso a mettere al mondo i nostri nipoti, ne abbiamo tre, e ci chiedono come facevamo… sicuramente abbiamo vissuto tante avventure”.
E la vostra casa? “Quella ideale per noi sarebbe un open space con le pareti di carta; ogni due o tre anni veniva stravolta, quello che avevamo costruito dopo non molto lo distruggevamo per ricostruirlo in un altro modo. Abitiamo in questa casa da moltissimo tempo ma l’abbiamo ristrutturata almeno una decina di volte eliminando le stanze che non ci servivano come i solai, le cantine e i garage e ricavando la casa che è oggi con otto camere e tre bagni”.
Oggi in quanti siete? “Quattro vivono ancora con noi, due studiano lontano all’università e quindi vanno e vengono, ma la domenica ci siamo sempre tutti… si presentano chiedendo ‘c’è posto anche per me oggi a pranzo?’. Quando mia moglie lancia l’idea via Whatsapp ‘oggi lasagne, c’è qualcuno?’ qui diventa una bolgia”, sorride Emanuele.
Non c’è mai stato tempo per annoiarsi e nemmeno spazio per il silenzio: “No, quello non sappiamo proprio cosa sia”.
La macchina? “Beh, una macchina ‘normale’ non ce l’ho da non so quanto tempo, abbiamo sempre avuto un furgone da nove posti”.
Ma come ci si organizza in… dieci sotto un tetto? “Lo spirito è sempre quello di cercare di divertirsi più possibile, poi ci sono due mentalità che si scontrano, la mia che è decisamente meno organizzata, perché sono uno a cui piace improvvisare e quella invece più precisa di mia moglie. Ognuno in casa fa la sua parte, sempre, senza però darsi troppe regole. C’è stato un periodo in cui avevamo una tabella di marcia appiccicata al frigorifero con tutti gli incarichi di ognuno e si ruotava di settimana in settimana. Poi, ad esempio, non è che la mamma fa le lavatrici per tutti, ogni piano ha la sua lavatrice e ognuno si arrangia a lavare, stendere e ritirare i panni. Questo si fa anche un po’ per autodifesa, perché mettendo tutto insieme, non si troverebbe più niente”.
Sono sempre andati d’accordo? “Ci sono i disaccordi banali che ci sono tra fratelli, anche in base alle loro abitudini, magari c’è quello più ordinato e quello che invece in camera devi entrare con il carrarmato e quindi discutono su queste piccole cose ma in linea di massima vanno tutti d’accordo e si cercano l’uno con l’altro”.
Come avete fatto a gestire tutti gli impegni soprattutto quando i bambini erano piccoli? “Penso che se fossimo stati un po’ più ricchi, non avremmo avuto bisogno di una cameriera in casa ma di un autista per riuscire a correre ovunque. Siamo convinti sia necessario che ognuno di loro segua la propria strada e visto che non abbiamo dei grandi trasporti pubblici… si sale in macchina e li si porta. E ti dirò che continuiamo a farlo anche se man mano stanno facendo tutti la patente e quindi si rendono più autonomi da quel punto di vista. Al mattino ancora oggi porto a scuola l’ultimo figlio e vado a riprenderlo quando finisce per portarlo a casa e poi lo porto a fare musica la sera, lo seguo con i concerti e via dicendo. Non è una fatica, bisogna saper incastrare tutto, ma è molto bello seguire i figli nelle loro avventure e nei loro interessi”.
E dal punto di vista economico come si fa? “I carrelli della spesa sono sempre pieni e quando si arriva alla cassa si stupiscono spesso, però cerchiamo di fare la spesa in maniera sempre più oculata, insomma è raro comprare un etto di prosciutto incartato, mentre è più facile comprare un prosciutto da due chili e tagliarlo man mano. Ed è logico che non si sprechi, perché bisogna fare i conti con lo stipendio che si ha, è vero che abbiamo sempre lavorato sia io che mia moglie e abbiamo sempre portato a casa dei buoni stipendi, ma teniamo anche conto che ho tre ragazzi all’università e l’anno prossimo saranno in quattro. Non è un sacrificio, sia chiaro, il nostro impegno è quello di portarli a terminare gli studi e intraprendere i loro percorsi lavorativi”.
Le vacanze? “Non abbiamo mai rinunciato e anzi, abbiamo viaggiato molto, spesso in compagnia di altre famiglie numerose. Ricordo un episodio successo al mare, insieme a noi c’erano due famiglie… normali, beh insomma, con due figli, la sera i bambini chiedevano sempre di comprare il gelato e loro al terzo ‘no’ poi cedevano. Mi chiedevano come mai i nostri figli non avevano nemmeno mai chiesto, semplicemente perché li abbiamo educati così, perché è chiaro che non possono avere tutto. Lo stesso vale per le scarpe e per i cellulari, loro fino a 15 anni non l’hanno avuto e l’ultimo figlio ereditava sempre quello del fratello maggiore. Non è mai stato un dramma, glielo abbiamo spiegato e se magari hanno notato la differenza con i compagni, se ne facevano presto una ragione”.
Parli sempre di sfaccettature positive, ma faccio fatica a credere che non ci sia davvero qualcosa di complicato: “Lo sforzo è cercare di dedicarsi singolarmente ad ognuno di loro, perché è vero che si va tutti insieme in vacanza e si condividono tante cose insieme, ma capita che abbiano bisogno della mamma o del papà. Altro non saprei trovare, quante volte mi hanno chiesto se dormivo la notte, no, non dormivo mai, ma non mi pesa più e non me lo ricordo nemmeno”.
E il tempo per voi? “Lo troviamo, ogni tanto scappiamo e li lasciamo da soli a casa! È fondamentale ricavare quel tempo, che sia il weekend, il sabato sera o il venerdì pomeriggio. Questo vale per chi ha otto figli e chi ne ha soltanto uno”.
Emanuele è un papà e un nonno orgoglioso, che ne avrebbe di cose da raccontare, ma chiudiamo questa chiacchierata con un… classico paragone. Non vi sentite un po’ la famiglia di ‘Mamma ho perso l’aereo’? “Non abbiamo mai dimenticato nessuno a casa, ma capitava di contarci prima di partire e soprattutto quando erano piccoli, dovevamo avere il radar e non solo parecchi occhi”.
Quegli occhi che hanno sempre fatto da guscio a qualcosa di meraviglioso.
Fonte: araberara.it di Sabrina Pedersoli